L'EDICOLA
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Giorgio Dini - Alla ricerca di un'oasi felice
Personaggio eclettico
e singolare, Giorgio Dini è contrabbassista, compositore, improvvisatore e
produttore colto e audace. Qui ci racconta il suo ultimo progetto
discografico e le avventure della piccola Silta Records.
Sperimenta e ricerca, Giorgio Dini, sia che
suoni jazz, avanguardia, contemporanea, i suoi progetti mostrano una
meticolosa analisi di stilemi e possibili incroci musicali. Prova concreta
ne è il suo ultimo disco, Ergskkem, pensato assieme al solido pianista
Gianni Lenoci e realizzato con l’intervento idilliaco di Stockhausen,
Markus che di Karlheinz è il figlio. Il disco esce per la Silta Records
(www.siltarecords.it), da lui fondata nel
2004.
Che tipo di studi hai svolto? Citando il
famoso film di Fellini (Prova d’Orchestra), potrei dire che è stato il
contrabbasso a scegliere me! Avevo uno scopo ben preciso: suonare musica
jazz, mia grande passione. Ho voluto acquisire un’impostazione classica
per timore che suonare da autodidatta avrebbe potuto diventare limitativo.
Ho iniziato piuttosto presto ad avere esperienze nel jazz; in seguito ho
partecipato a seminari e work-shops con Paolo Damiani, Furio Di Castri,
Bruno Tommaso, Miroslav Vitous e più avanti con musicisti come Rava,
Mirabassi, Godard e Stockhausen. Da qualche tempo ho ripreso
l’approfondimento del contrabbasso classico.
Quali sono
stati i riferimenti musicali negli anni dell’adolescenza? Sono
stato un fan dei Rolling Stones, quando ancora erano una band al passo con
i tempi e non soltanto un’operazione di music business. Poi la grande
passione per il jazz e le mie prime avventure musicali; il primo
contrabbassista che mi ha impressionato è stato Keter Betts: suonava nel
primo disco jazz che ho avuto (Count Basie a Montreux) e l’ho ascoltato
dal vivo con Ella Fitzgerald. Poi Miles, Monk, Mingus, Chet Baker e
successivamente Keith Jarrett, Paul Bley e Ornette
Coleman.
E l’avanguardia? Questo avvicinamento
è frutto di un processo graduale: prima mi sono interesssato ad una forma
di jazz più europeo, pur mantenendo il linguaggio afroamericano. Quindi
l’interesse verso forme musicali non predeterminate e il tentativo di
trovare una prosecuzione al percorso segnato dal free jazz e
l’improvvisazione radicale. Infine lo sconfinamento sul terreno della
musica classica contemporanea, sviluppando attenzione per la cura e la
ricerca del suono, delle dinamiche, di soluzioni armoniche (o enarmoniche)
particolari.
L’improvvisazione è un valore forte nel tuo
disco Ergskkem… È uno dei linguaggi che la musica può
utilizzare per trasmettere emozioni e allietare l’ascoltatore;
improvvisare in assoluta libertà significa esprimere in maniera creativa
uno stato d’animo e delle relazioni che si instaurano tra i musicisti
durante l’esecuzione. Con questo tipo di approccio gli strumenti assumono
pari importanza sotto il profilo armonico, enarmonico, melodico e ritmico.
Ergskkem, pensato con Gianni Lenoci, raccoglie sei
improvvisazioni volte alla ricerca di un’atmosfera ricca di sonorità ed
equilibrio e di idee melodiche espresse con grande cura e interplay. Ogni
nota è cercata e trova il suo significato nella simbiosi con gli altri
musicisti. Una musica che vuole rompere una convinzione generalizzata ed
errata: che certo genere musicale sia di difficile fruizione e
comprensione. L’album infine ha un’ulteriore caratteristica, la
corrispondenza tra suoni e arte visiva: i titoli e i sei elementi visivi
mostrati nelle facce della copertina (uno per brano) sono stati creati dal
pittore Adalberto Montagna, traendo spunto dalla musica in maniera assai
personale.
Quando hai incontrato Markus
Stockhausen? Ho conosciuto Markus partecipando ad un suo
workshop nel 2004. Ha una cultura musicale davvero profonda; ha sviluppato
un approccio molto personale che si identifica nel termine “intuitivo”, da
lui stesso creato. È un musicista intransigente, soprattutto con se
stesso, pretende precisione ed estetica musicale, ogni nota deve avere un
senso. Ha l’apertura mentale di suonare tonale o atonale senza pregiudizi,
prevale la creatività e il piacere della melodia. Ha una dedizione e una
ricerca della perfezione davvero fuori dal comune.
Parliamo
della Silta Records, cosa significa oggi fondare un’etichetta
indipendente? È nata per colmare un vuoto e pubblicare opere
di musica modernamente improvvisata che siano originali e rivolte al
futuro, spesso collocate trasversalmente tra diverse categorie. Purtroppo
si tratta di un genere di nicchia poco interessante in termini di mercato
e vendite. L’attività di Silta Records è iniziata nel 2004, con il cd
Out!, musica improvvisata in duo dal sottoscritto con Carlo Actis Dato. Il
catalogo si è arricchito di validi progetti molto variegati: il sestetto
romagnolo Nopop, con musiche originali dai sapori ethno-jazz ed
arrangiamenti curatissimi; il contrabbassista israeliano Jean Claude Jones
con un cd di ricerca e anche altro. Le difficoltà sono ovviamente tante,
recentemente abbiamo iniziato a vendere alcuni lavori su iTunes e questo
potrebbe essere un valido strumento di distribuzione.
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